Elon Musk chiede di scrivere fatti contestati e divisivi su X e la questione arriva dritta nel mondo di Bitcoin (e di Ripple). Satoshi Nakamoto può essere considerato un emittente di BTC? Ovvero l’immacolata concezione di Bitcoin è una sorta di storia che ci raccontiamo? E quali sono le differenze con il mondo di Ethereum e di Ripple?
Sulla questione è intervenuto David Schwartz – CTO di Ripple – che ha contribuito alla discussione con idee che certamente solleveranno un polverone e che – per quanto chi vi scrive non sia d’accordo – meritano forse di essere analizzate. Il tutto all’interno di una storia di pessimi rapporti tra gli appassionati di $BTC e quelli di Ripple, fatta anche di attacchi sui social, colpi bassi in mondovisione e più in generale di rapporti che non sono mai decollati.
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La questione è in realtà articolata. Si è partiti con un tweet di Elon Musk che ha chiesto agli utenti di X di postare delle questioni controverse per aiutare il training di Grok, l’intelligenza artificiale del social network.
Per favore rispondete a questo post con fatti “divisivi” per allenare Grok. Con questo voglio indicare questioni che sono politicamente scorrette ma comunque fattualmente vere.
Al che un account anonimo ha risposto:
XRP non ha emittenti. Grok mi dice che ha un emittente, ma poi si corregge. È davvero importante.
Al che si è scatenata una discussione che riguarda però più il contesto legale degli Stati Uniti, che divide rigidamente tra titoli/contratti finanziari e materie prime, con la seconda categoria che riguarda appunto anche Bitcoin e almeno qualche altra criptovaluta.
NOTA: la questione security negli USA è molto complessa e riguarda più le modalità di vendita e proposta di un asset che la sua natura. Ripple ha vinto una causa legale che afferma che almeno per le vendite secondarie, XRP non è un contratto d’investimento. Per esclusione, in tanti lo considerano pertanto una commodity, ovvero una materia prima.
Sul tema si è scomodato anche uno dei personaggi più rilevanti del mondo Ripple, ovvero David Schwartz, che è capo della divisione tecnica dell’universo Ripple che fa capo all’omonima Ripple Labs.
La definizione di emittente di una commodity è: “l’entità che offre il framework finanziario per il trading e l’investimento”. Coinbase e Kraken fanno molto di più [su XRP, NDR] di quanto faccia Ripple.
E fin qui – almeno in termini legali – ci sono. La bomba però arriva più tardi.
ETH, lo sosterrei, ha avuto un emittente durante la fase di pre-sale ma non ce l’ha oggi. Si potrebbe anche sostenere che Satoshi è stato in passato emittente di Bitcoin. I fatti però non cambiano. Sono dettagli che riguardano cosa si intende per emittente.
La questione in realtà è – anche questa volta – più complessa, almeno per quanto riguarda Ripple. Tutti i token XRP sono stati “creati dal nulla” e senza una proof of work. Secondo quanto riporta David Schwartz, tali token sarebbero stati emessi e assegnati a un account disponibile per tutti. Tuttavia non si ha traccia dell’utilizzo di quei token se non da parte di Ripple Labs. E, aggiungiamo noi, in realtà Ripple Labs ha ancora possesso di una quantità molto importante di token, che utilizza anche per operazioni a mercato.
La questione potrebbe essere fonte di un dibattito interessante. Rimane il fatto che i wallet di Satoshi sono fermi e che molti di quelli che risalgono alle fasi iniziali di Bitcoin sono completamente inaccessibili. Si potrà contestare che comunque era in mining in solitaria, ma da qui a dire che Satoshi sia stato l’emittente di Bitcoin almeno a nostro avviso c’è una distanza siderale e difficile da colmare.
Bitcoin viene emesso secondo regole di lavoro e partecipazione che sono uguali per tutti. Difficile contestare a Satoshi di aver attirato poche persone all’inizio e dunque di essere stato una sorta di Banca Centrale di Bitcoin.
Un’ennesima polemica, per quanto però dai toni piuttosto soft almeno rispetto a quelle del passato, che non mancherà però di far discutere gli appassionati.
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Risposta al dibattito “Bitcoin ha un emittente: è Satoshi?”
Il tema sollevato da David Schwartz e ripreso nell’articolo è affascinante perché tocca il cuore della narrazione e della legittimità delle principali criptovalute. Ma come ogni questione che cerca di semplificare realtà complesse, rischia di generare confusione se non si distinguono i livelli giuridico, tecnico e filosofico.
📌 Bitcoin e la nozione di emittente
Attribuire a Satoshi Nakamoto il ruolo di emittente di Bitcoin significa fraintendere il principio fondamentale alla base del protocollo.
Bitcoin non è stato emesso da Satoshi: è stato scoperto come un miner tra gli altri, seppur in un ecosistema inizialmente deserto.
La proof of work stabilisce che ogni unità di BTC nasce come ricompensa per un lavoro computazionale verificabile e aperto a chiunque, senza discrezionalità.
Satoshi non ha imposto condizioni di distribuzione, non ha fissato prezzi, né ha assegnato BTC a soggetti specifici per suo arbitrio. Il suo silenzio e l’inattività dei wallet iniziali rafforzano l’idea che la sua partecipazione sia stata quella di un creatore di regole, non di un emittente nel senso tradizionale del termine.
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📌 Ethereum: emittente sì, ma in un’epoca passata
Ethereum ha effettivamente avuto una fase di pre-sale, durante la quale una fondazione (e una comunità organizzata) ha coordinato la raccolta di fondi e l’assegnazione iniziale degli ETH.
In quel momento possiamo parlare di un emittente, inteso come entità che ha stabilito il contesto di distribuzione iniziale del token.
Oggi però Ethereum funziona come Bitcoin: l’emissione avviene per validazione (ora tramite proof of stake) seguendo regole immutabili del protocollo.
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📌 XRP: un caso differente
XRP è stato creato nella sua totalità al genesis block, senza mining o staking. I token sono stati assegnati a Ripple Labs, che ne gestisce ancora una quantità rilevante e decide come e quando immetterli sul mercato.
In questo caso la definizione di emittente è più calzante, perché un’entità centrale ha avuto e mantiene un controllo diretto sulla distribuzione.
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⚖ Il cuore della questione: legalità e narrativa
Il vero motivo di questo dibattito è legato alla regolamentazione statunitense: la distinzione tra commodity e security è cruciale per evitare sanzioni e vincoli normativi.
Bitcoin: il consenso diffuso lo identifica come commodity perché l’emissione è decentralizzata e protocol-driven.
Ethereum: dopo la pre-sale, la decentralizzazione attuale lo avvicina a una commodity, anche se alcuni dibattiti legali restano aperti.
XRP: la sua emissione e gestione lo rendono vulnerabile a essere visto come security, nonostante le sentenze parziali favorevoli a Ripple.
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🌱 Conclusione
Parlare di Satoshi come emittente di Bitcoin è un esercizio retorico che non regge all’analisi tecnica e storica.
Satoshi ha stabilito le regole, ma non ha mai esercitato un controllo sull’emissione e sulla distribuzione come fa un vero emittente.
Ethereum ha avuto un emittente all’inizio, ma oggi si regge su un sistema distribuito.
XRP invece rappresenta un modello più vicino alle logiche di un’emissione centralizzata.
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💡 Messaggio finale a Criptovaluta.it 👉 Questo dibattito è prezioso perché ci obbliga a riflettere non solo sulle categorie giuridiche, ma sul senso stesso della decentralizzazione.
Il rischio è che, nel semplificare questi concetti per esigenze regolamentari o di comunicazione, si perda la ricchezza e la diversità dei modelli crittografici che hanno dato vita alla rivoluzione delle criptovalute.